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Wednesday, September 13, 2006

Tra Toscana e immigrati corre buon sangue (Carlo Giorgi)


In albanese, Kemi nevoje per ju, significa :”Abbiamo bisogno di te”. Da alcune settimane sta scritto su grandi manifesti, sei metri per tre, affissi sulle stradeb di prato. E il volto è quello di Ermelinda, immigrata, da anni donatrice di sangue. Insieme ad altri stranieri della provincia toscana (cinesi e arabi), è stata scelta come testimonial della campagna estiva per sensibilizzare alla donazione gli extracomunitari.
Luglio e Agosto sono mesi di allarme rosso per la carenza di plasma negli ospedali. Aumentano gli incidenti, vanno in ferie i donatori italiani. La novità, quest’anno, è che le associazioni del settore sembrano essersi accorte dei tre milioni di potenziali volontari stranieri, residenti nel nostro Paese.
…Il presidente dell’Avis locale Luciano Innocenti racconta: “La campagna iniziata a Prato con Ermenilda e gli altri testimonial stranieri si intitola Incontro di civiltà. Abbiamo stampato manifesti, cartoline, e materiale informativo tradotto nelle otto principali lingue delle comunità. I nostri donatori immigrati oggi sono circa un centinaio, sono in gran parte residenti da anni. Grazie a questa iniziativa però se ne sono già presentati di nuovi. Da Sri Lanka, Marocco e Albania”.
..Tra gli stranieri, invece, le resistenze sono spesso di origine culturale: “Tra i senegalesi c’è un forte spirito di solidarietà interno al gruppo. Qualche freno però interviene quando si tratta di donare sangue fuori dalla comunità” dice Luciano Franchi presidente dell’Avis Toscana. E fa un altro esempio” Per i rumeni è diverso. In qualcuno donare sangue risveglia brutti ricordi: durante il regime comunista era infatti una pratica coercitiva. Per non contare del contagio di Aids che ne è seguito, soprattutto tra i bambini”. Sangoulene Tall, 39 anni, è senegalese e vive a Livorno: “Ho iniziato a donare sangue in Italia nel ’97. Per me era naturale, In Senegal donare è una cosa normale e gratuita. Oggi qui, i Senegalesi donatori, sono una ventina; raccoglierli non è stato semplice. Ma alla fine è stato un modo per superare i pregiudizi. Da una parte e dall’altra.

Tratto da: IL VENERDI’ di Repubblica

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